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更新日期:2016-11-02
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Attaccate alla vita grazie a un filo, le persone con intestino ultra corto sono circa 600 in Italia, di cui più di un centinaio bimbi. Per tutti l'Insufficienza intestinale cronica benigna significa dover dipendere, spesso per la vita intera, da un macchinario che eroga nutrienti direttamente nel sistema venoso centrale. Una vera e propria terapia salvavita, introdotta per la prima volta nel nostro Paese 30 anni fa.
Ricoveri, controlli, terapie e complicanze sono all’ordine del giorno. A questo si aggiungono ostacoli di ordine burocratico e sociale. Temi quotidiani per medici e pazienti che però quest’anno per la prima volta sono stati portati all’attenzione anche della politica con un importante convegno nazionale sul tema dell’ "Insufficienza Intestinale Cronica Benigna: il percorso di riconoscimento come malattia rara”.
Pur essendo una malattia rara, infatti, solo in Piemonte è stata riconosciuta come tale, con tanto di un codice di esenzione specifico sulla ricetta medica. Mentre per il Servizio Sanitario Nazionale, di fatto, non esiste e le terapie non rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza.
La rarità e la complessità della malattia rendono spesso inappropriata l'assistenza, ma se questo accade il paziente rischia la vita. Sterilità delle sacche e delle procedure, qualità dei materiali e professionalità da parte di chi fornisce assistenza: sono i tre requisiti fondamentali per evitare trombosi, infezioni e setticemie dovute alla gestione del catetere. Come tanti altri aspetti della sanità del nostro Paese però anche la nutrizione artificiale parentale deve fare i conti con risorse economiche sempre più ridotte. Non tutte le regioni, infatti, garantiscono la stessa dotazione di siringhe, garze e altri materiali. In un panorama quanto mai variegato, la disomogeneità dell'assistenza è evidente persino tra una asl e l'altra della stessa città o tra distretti della stessa Asl in cui le dotazioni di prodotti e servizi vengono aggiudicati con gare che mirano essenzialmente al risparmio, con evidenti ricadute sulla salute dei pazienti.
Di progressi, negli anni, ne sono stati fatti molti, tanto che, se fino a poco tempo fa la nutrizione parenterale domiciliare obbligava ad essere attaccati per ore a un macchinario senza potersi muovere da casa, oggi molti pazienti possono utilizzare una piccola pompa portatile: uno ‘zainetto magico’ che ha dato la possibilità a molti bambini di andare a scuola o di giocare al parco e a molti adulti la possibilità di avere una vita normale e di tornare a lavorare.
Abbiamo conosciuto queste persone, raccontato le loro difficoltà quotidiane ma anche i loro sogni. Ci siamo fatti testimoni delle loro voci con interviste a pazienti e familiari, così come a medici ed esperti, nella speranza di fornire uno strumento di facile consultazione per parlare del problema.
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